A rischio di dissentire con uno dei grandi, penso che questo sia sbagliato, la sofferenza è in gran parte opzionale. Il dolore non è opzionale, ma il prolungarlo sì. Alcune persone addirittura fetishizzano la propria sofferenza… la rendono parte della loro personalità. Penso che Dostoevskij fosse uno di questi… era così torturato e l'unico modo in cui poteva pensarci era proiettare i suoi sentimenti nel suo lavoro e sugli altri. È diventato definito dal suo trauma, definito da ciò che provava invece di chi era. Penso che sia molto facile cadere in questa trappola… definire se stessi attraverso le proprie esperienze. Rendersi così critico per il proprio essere che non riesci a differenziare tra le tue emozioni e te stesso. Non c'è un modo unico per trattare le proprie emozioni, poiché ognuno le vive in modo diverso. Non è inevitabile sentirsi così costantemente. Elaborare, pensare e affrontare vanno molto lontano, e poi all'improvviso senti il rilascio e tutto è sparito!